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lunedì 2 febbraio 2015

AMERICAN SNIPER (2015)

Un film di Clint Eastwood.
Con Bradley Cooper, Sienna Miller, Jake McDorman, Luke Grimes, Navid Negahban, Keir O'Donnell, Kyle Gallner, Sam Jaeger, Brando Eaton, Brian Hallisay, Eric Close, Owain Yeoman, Max Charles, Billy Miller, Eric Ladin, Marnette Patterson, Greg Duke, Chance Kelly
Azione
Durata 134 min.
USA 2015

Clint Eastwood e Bradley Cooper contro la guerra; ma una "guerra" che esce dagli stereotipi di come di solito la si intende: non è più la singola battaglia che fa da metafora alla tragedia della guerra, con i suoi morti, gli eroi giusti, i cattivi, le istituzioni retoriche e affariste che decidono da continenti lontani il destino dei propri soldati e quello di migliaia di famiglie, la cui unica colpa è di non essere vissuti in altre zone del mondo. La "guerra" citata all'inizio è il Male, senza coscienza e senza cattiveria, un male che non può essere sanato, ma solo allontanato. La pace è Chris Kyle, texano, cowboy, che a trent'anni decide di arruolarsi per poter salvare i suoi "amici" Americani che sono andati a combattere. Paradossale ritrarre il concetto di pace in un uomo che ufficialmente ha ucciso oltre 200 persone e chissà quante altre non registrate; ma i personaggi di Eastwood non erano tanto diversi.
Dal lato tecnico, il film, per motivi di produzione, di pubblico, di doveri nei confronti della storia vera, ha "dovuto" contenere scene di famiglia, scene retoriche, americane, oltre alle perfette scene di guerra girate magistralmente. Regia, fotografia, pesate e studiate minuziosamente (la scena della fuga nella tempesta di sabbia è superba). Il finale con la didascalia, a mio avviso, è da solo metà film. Non v'è retorica in quel messaggio, perchè, come la morte, quando arriva è troppo tardi. Come in tutto il film, la politica, il Presidente, i terroristi, le istituzioni, sono secondari, messi da parte, perchè la guerra è descritta come un male così vasto e infettiva che è impossibile da descrivere, si può solo provare ma poi è troppo tardi. Eastwood dice al pubblico che non si può guarire da soli, perchè è il mondo umano che deve guarire. Non è nemmeno condannata la morte dell'individuo, sennò sarebbe discriminazione nei confronti di tutte le vittime uccise dal protagonista e lui varrebbe più di tutte loro. Eastwood va oltre, compie un'osservazione così dall'alto che risponde alle voci bisognose e ignoranti delle persone, che non si rendono conto di ciò che vale davvero finchè non lo perdono. Non è così importante la vita in sè di una persona, ma lo è se mossa da assoluti (in questo caso salvare gli americani che potrebbero rimanere uccisi dal fuoco nemico e non andare in M.O. per uccidere i terroristi, oppure combattere ciò che la guerra ha fatto ai compagni soldati). Chris Kyle (nel film) segue i suoi principi istintivi, non sa dare una risposta a ciò che gli viene da compiere e nemmeno se lo chiede, sa che è giusto. Il marchio Eastwood dovrebbe aiutare molto lo spettatore a entrare in questa filosofia ma ha incontrato una critica molto spigolosa a più facce. Non solo la critica ma anche il pubblico ovviamente si è diviso e in non solo due parti. Non essere americani ovviamente non ha aiutato di certo.
Chi ha detto che è un' "americanata", per il senso della famiglia (un po' retorico), per il finale, per le bandiere ecc, a mio parere ha torto: non c'è nessun americanismo in tutto questo, perchè il patriottismo, la fiducia nel prossimo, l'altruismo, la risposta alla violenza, la famiglia, l'istinto di voler far del bene, dovrebbero essere elementi trascinanti di tutti e non solo degli americani.
C'è chi si è lamentato di troppe scene inutili, anche se secondo me erano necessarie a dare un ritratto completo del personaggio. Forse non è stato scritto al meglio e Eastwood l'ha praticamente salvato. Non era previsto fosse così un successo al botteghino e tutto sommato anche di critica. Molto classico, con una struttura narrativa molto scheletrica, di poche parole. Un film molto più attivo che passivo, decisamente non lascia indifferente lo spettatore, come se ci fosse una sorta di provocazione verso lo spettatore e in effetti c'è. Lo spettatore diventa un uomo qualunque, talmente invisibile che non siamo in grado di combattere contro nemici così grandi, di natura però strettamente umana, come la guerra. Ecco il vero ritratto della critica di Eastwood: in un mondo come questo, considerando il Novecento alle spalle (il secolo più sanguinoso della storia), l'uomo deve vivere nella coscienza di alti valori, riconoscendo la sua fragilità dovuta all'ignoranza e alla mancanza di memoria.


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